Ultimo capitolo

Il 30 novembre del 2021 il Giudice per le Indagini Preliminari Francesco Patrone ha archiviato le indagini per l’omicidio di Valerio Verbano.

Dopo un primo tentativo, compiuto dal Pubblico Ministero Erminio Amelio il 28 agosto del 2019, e sventato dalla difesa, anche con l’ausilio del sottoscritto in veste di consulente storico, la Procura è riuscita a ottenere la chiusura delle indagini, anche grazie alla scelta dell’erede legale di Carla Verbano, di non voler proseguire ulteriormente in quella direzione, proprio nel momento in cui si intravedeva una nuova pista investigativa,

Quella delle nuove indagini è una vicenda lunghissima durata 10 anni che meriterebbe ben più di un capitolo finale del mio libro.

Analizzare come maldestramente hanno compiuto le indagini Procura e ROS è cosa lunga e complessa da riassumere.

Ma a tre anni di uscita della nuova edizione del mio lavoro e a un anno e mezzo dall’archiviazione definitiva ci provo, nella speranza che un giorno si possa sapere chi ha ucciso Valerio Verbano.

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I funerali di Valerio Verbano

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Lunedì 25 febbraio, giorno in cui Valerio avrebbe compiuto diciannove anni, si svolgono invece i suoi funerali. Si tengono presso il cimitero monumentale del Verano a San Lorenzo. La polizia vieta qualsiasi manifestazione. Ai funerali però partecipano migliaia di persone, … Continue reading

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Il biondino con le unghie gonfie e ricurve

Esattamente 10 anni fa, l’undici marzo del 2011, esce una testimone indiretta dell’omicidio di Valerio Verbano.

Dieci anni dopo viene dichiarato prescritto il reato a Lei ascritto.

Archiviata la posizione dell’unica rinviata a giudizio riguardo l’omicidio di Valerio Verbano.

Archiviata per sopraggiunta prescrizione la posizione di Maura Raffaella Gualco, ex giornalista de L’Unità.

Il 3 febbraio si è tenuta l’ultima udienza presso il Tribunale di Roma del processo contro Gualco, accusata di di favoreggiamento aggravato.

Maura Gualco era, paradossalmente, dopo 40 anni e più dall’omicidio di Verbano, l’unica persona rinviata a giudizio, per aver affermato al telefono di conoscere uno degli assassini.

Si chiude così il filone secondario delle nuove indagini riguardo Valerio Verbano.

Secondo l’accusa, svolta dal PM Erminio Amelio, la donna avrebbe parlato al telefono con il suo vecchio sodale Roberto Nistri, riguardo l’omicidio e i suoi possibili autori ma davanti agli inquirenti, una volta chiamata alle sommarie informazioni, ha sempre negato tutto.

In questo modo, di fatto proteggendo dalle investigazioni almeno uno degli autori.

Il PM Erminio Amelio nella richiesta di archiviazione delle indagini del 28 agosto 2019 contro ignoti riguardo l’omicidio di Valerio scrive:

“A tale riguardo si cita la signora Maura Raffella Gualco che pur avendo parlato telefonicamente con Roberto Nistri, con assoluta sicurezza e disinvoltura della vicenda e di uno dei possibili autori del fatto del quale ha indicato particolari somatici, sentita più volte da questo ufficio ha negato la circostanza, di fatto proteggendo dalle investigazioni almeno uno degli autori si capisce bene che sarebbe stato fondamentale poter identificare almeno uno degli autori del fatto in quanto la personalità dello stesso. Fra le sue frequentazioni e i suoi rapporti con l’ambiente avrebbe poi consentito di identificare anche i suoi correi la condotta di Maura Gualco è stata quindi altamente negativa per lo sviluppo delle indagini e nei suoi confronti si procederà per il reato di favoreggiamento aggravato”1

Ma facciamo un passo indietro

L’11 marzo 2011, nel pieno del clamore mediatico e politico della riapertura delle indagini, il ROS, Reparto Anticrimine di Roma intercetta una telefonata di Maura Gualco a Roberto Nistri,

NR: “comunque quei rincoglioniti…quei pezzi di merda dei tuoi amici giornalisti…uno di Repubblica…mi hanno fatto un articolo di merda con nomi e cognomi…su Verbano…sapendo che io non c’entro un cazzo…però hanno fatto tutta una cosa pesantissima…”2

GM: “ma a firma di chi…Lugli? (fnc)…noo?”

NR: “ a firma di di…no no no a firma di un altro…che dice è una spia della Procura…ma no è un articolo fatto a posta cioè è un articolo che un suo…”

GM: “se mi dici come si chiama”

NR: “eh se me lo dici te me lo ricordo”

GM: “te lo dico…Marino Bisso?”

NR: “potrebbe esse si…”

GM: “capirai è amico mio, proprio tanto”

NR: “no, non mi ricordo…non sono sicuro…no forse no”

GM: “..è compagnissimo…è un anarchico…però.. (incomprensibile)

NR: “no ma forse non è lui…forse non è lui…booh…comunque questo qua mi ha detto NASO (fonetico) è uno che…proprio…diciamo fa le cose..no è stato un articolo fatto apposta…solo che tutti I giornali hanno fatto uscire senza nomi per non beccasse le querele…sti pezzi de merda de Repubblica…”

GM: “ma l’hanno individuate sto identikit?…li hanno individuati?”

NR: “di che cosa…ma non è tutta una ricostruzione..in cui dicono…cioè mi accollano a me delle cose…cioè ma è proprio un’infamità guarda..una cosa veramente gratuita”.

GM: “…lei dice questa cosa NISTRI…io ho letto…è venuto a casa mia…dice di non sapere niente…lui non è stato…io ci credo che non è stato.”

NR: “eh grazie stavo in galera…ce credo che ce crede eh…stavo in galera”

GM: “…io ci credo però secondo me lui sa chi è stato…”

NR: “si vabbè ho capito…me l’ha scritto pure su Facebook…è mia amica su facebook…me l’ha scritto pure su facebook…a signo’ cioè voglio dì…io so venuto…mi hai chiamato…io te potevo pure manna affanculo…comunque potevo di guarda signora non c’ho niente da dì…sò venuto m’è dispiaciuto perché poi è una povera vecchia…però poi dopo ho scoperto che ne libro che aveva scritto …aveva scritto una serie di infamita su di me non indifferenti…tanto bravo che belle foto Roberto grazie per le foto così…poi dopo dici si però tanto lui sa chi è stato…ma voglio dire a parte che sono chiacchiere cioè voglio dire…sono cosec he non dovrebbero avere nessuno”

GM: “no ma infatti…a un certo punto io leggo questo articolo su www.Repubblica.it…e leggo dice…io mi ricordo…fa lei…aperte virgolette…a…mi pare Carlo Bonini…ah forse è Carlo Bonini guard ate lo dico io è Carlo Bonini si è uno stipendiato da…no dalla Procura…dai Servizi…carlo Bonini…io mi ricordo…si è Carlo Bonini è il più famoso inchiestista italiano di Repubblica…”

NR: “poi ti racconto bene l’infamità di questo articolo capito…”

GM: “eh…dice..io mi ricordo…fa lei…non si capisce perché lo dice ora e non trenta anni fa….comunque…che uno dei due…che stavano…un biondino…c’aveva le unghie gonfie e ricurve”…l’hai letto quell’articolo?”

NR: “no non assolutamente…non leggo Repubblica…ho letto questo qua perché me l’ha detto mia madre m’è piato un bel colpo…”

GM: “…e poi te dico a voce che cell’ha le unghie gonfie e ricurve…”

NR: “vabbè io…non lo so…”

GM: “…e dico…è proprio…per me è proprio…perché è sottobosco criminale cioè tutto coincide…tutto coincide…”

…omissis…

GM: “…perché ti ha tirato in ballo…tu stavi in galera…non capisco”

NR: “I giudici pensano che quelli che hanno sparato a Ugolini sono gli stessi…che cazzo dici…quelli di Ugolini (UGOLINI Roberto, ndr) siamo io Nanni (DE ANGELIS Nazareno, ndr) e coso…Nanni c’è andato il giorno dopo a casa della madre (ZAPPELLI Rina Carla, ndr) e non c’entrava un cazzo c’aveva il braccio ingessato l’altro è Claudietto Lombardi (LOMBARDI Claudio) che nun c’entra una minchia e che così il terzo sono io. Quindi non è vero siamo noi tre…Anche se tu vuoi accettare la cosa che siamo stati noi tre comunque non è vero perché tutti e tre non c’entriamo un cazzo…quindi è un’infamità gratuita…la pistola è la stessa…non è vero è una cazzata c’hanno i bossoli de Ugolini e c’hanno I bossoli de quell’altro è una cazzata non è vero…I silenziatori sono uguali ma che cazzo…cioè…tutta un’infamità…tutta una cosa…sapendo che io non c’entro niente l’unico nome di tutto l’articolo…parlano di cento persone…l’unico nome che hanno fatto è il mio eh…vaffanculo va…accannateme…poi tutta questa cosa qua anche nei confronti dei compagni…ma tu la sai tutta questa polemica…”

GM: “…poi ti richiamo sono entrata a scuola…”

Anche per quanto riguarda l’utenza in uso a NISTRI Roberto, si ritiene assolutamente indispensabile proseguire l’attività tecnica sull’utenza telefonica allo stesso, oltre a procedere all’assunzione di informazioni da parte di GUALCO Maura cge, secondo quanto riferito per telefono a NISTRI Roberto, dovrebbe essere a conoscenza di una persona che potrebbe identificarsi nel “biondino con le unghie gonfie e ricurve”.3

In realtà no, la Procura non ha i bossoli del ferimento di Ugolini, poiché sono anch’essi misteriosamente scomparsi dall’ufficio corpi di reato.

Chi aveva parlato per prima di un uomo con le unghie ricurve di cui negli anni si è parlato spesso?

Carla Verbano, che aveva osservato a lungo quelle mani, quel 22 febbraio 1980:

Sia Carla che Sardo, infatti, sequestrati nella loro abitazione dai tre killer, hanno per quanto possibile cercato di ricostruirne l’aspetto. Il giorno stesso dell’omicidio, Carla dichiara:

[…] I tre parlavano sottovoce e direi con accento romanesco. Erano tutti in giovane età e posso descriverveli molto sommariamente come segue:

1) alto 1,80 circa aveva il volto coperto da un passamontagna color celestino che lasciava liberi solo gli occhi. Indossava un giaccone di panno blu e blu jeans. Aveva il guanto solo nella mano libera mentre impugnava un revolver cromato a mano nuda, e ho notato che aveva le unghie piuttosto grossolane con curvatura accentuata e senz’altro tagliate corte;4

Passano incredibilmente 15 mesi prima che il PM Amelio chieda conto a Gualco Maura della sua affermazione.

Il 27 giugno 2012 viene chiamata a rendere sommarie informazioni negli uffici del ROS.

Domanda: Che lavoro svolge attualmente?

Risposta: Sono una giornalista professionista, e fino a 3 anni lavoravo per l’Unità dalla quale mi sono volontariamente dimessa per ragioni familiari e lavorative. Attualmente svolgo l’attività di amministratore di alcuni immobili di mia proprietà.

Domanda: Lei viene sentita nell’ambito del procedimento penale relativo all’omicidio di Valerio VERBANO. Ne ha mai sentito parlare?

Risposta: Nel corso della mia vita mi sono trovata, per questioni di relazioni personali e professionali, a conoscere fatti legati al periodo degli anni di piombo. Uno dei fatti del quale so meno, perché non ho assistito a processi ne ho visionato carte, è l’omicidio di Valerio VERBANO. Non sono al corrente se sia mai stato indagato qualcuno ne prosciolto. Avendo intrapreso un progetto che è quello di scrivere una guida di Roma divisa a zone, nella quale si percorrono le strade della violenza eversiva a Roma, ho avuto modo di parlare con persone che erano al corrente di diversi episodi. Il mio libro doveva comprendere anche una parte dedicata all’elettorato. A riguardo di questo omicidio, ricordo che era uscito un articolo di giornale scritto da BONINI o DAVANZO, e che chiamava in causa un mio carissimo amico, NISTRI Roberto. In quel periodo NISTRI lo sentivo spesso per via del mio libro, e in concomitanza con l’articolo di giornale, ricordo che NISTRI mi disse che durante l’omicidio di VERBANO era detenuto. Inoltre mi disse che la madre di VERBANO lo aveva contattato di recente per poter avere un confronto.Lui era andato a casa della madre e aveva riferito che con quell’omicidio non c’entravano ne i NAR ne TERZA POSIZIONE. NISTRI Roberto in quella circostanza mi disse che che la sua idea era che i responsabili “erano roba di sottobosco”, altrimenti avrebbero saputo chi erano gli autori. Questo colloquio con NISTRI Roberto lo colloco temporalmente al momento immediatamente successivo alla pubblicazione dell’articolo su Valerio VERBANO.

Domanda: Tornando al motivo per cui viene sentita, lei ha mai parlato con qualcuno dell’omicidio di Valerio VERBANO?

Risposta: Con NISTRI Roberto e con una collega di nome ERRANTE Valentina, cronista giudiziaria del Messaggero. Ne ho parlato con lei dopo la notifica dell’invito per essere sentita in qualità di persona informata sui fatti.

Domanda: A riguardo del suo progetto di redazione del libro, si ricorda da chi aveva attinto informazioni per il quartiere Talenti?

Risposta: Solo da NISTRI Roberto e ZAPPAVIGNA Guido. Ricordo che NISTRI Roberto mi parlava soprattutto delle sezioni del Msi quali punti di ritrovo.

Domanda: Lei invece che quartieri frequentava?

Risposta: Ho sempre frequentato il quartiereMonteverde, anche se durante la mia adolescenza non c’era più quel fermento politico.

Domanda: Quali sono I suoi rapporti pregressi e attuali con NISTRI Roberto?

Risposta: Sono stata convivente di NISTRI Roberto per quattro anni dal 1996 al 2000.

Domanda: Conosce DE NINO Massimo?

Risposta: No, non lo conosco.

Domanda: Conosce BENEDETTI Fabio?

Risposta: No, mai sentito.

Domanda: Nell’ambito delle sue ricerche ha mai sentito parlare di qualcuno affetto da particolare difetto fisico, con una particolare conformazione delle unghi gonfie o violacee?

Risposta: No, non ricordo di conoscere nessuno che risponda a questa descrizione, ne di averne mai parlato con nessuno..

Il 10 dicembre del 2012 viene nuovamente convocata GUALCO Maura, stavolta presso gli uffici della Procura alla presenza del sostituito procuratore della Repubblica Erminio Amelio e della capitana del ROS Terry Catalano.

Invitata a riferire quanto è a sua conoscenza sui fatti intorno ai quali viene sentita avvertita dell’obbligo di dire la verità e delle conseguenze cui si espone chi tace in tutto o in parte circostanze a lei note, dichiara:

Confermo le dichiarazioni da me rese al R.O.S. in data 27 giugno 2012 dopo averne ricevuto integrale lettura

A.D.R. A domanda risponde

Ho conosciuto NISTRI Roberto circa 17 anni fa tra il 1995 e il 1996 e subito abbiamo iniziato ad avere una relazione che da amicale si è trasformata poi in sentimentale. Ricordo che quando ho conosciuto NISTRI egli era detenuto a Sulmona e usufruiva dei benefici dell’art 21 O.P.

[…]

Ho conosciuto parecchi soggetti gravitanti nell’area del c.d. Terrorismo nero in quanto, dal 1986, sono stata sposata con Luigi CIAVARDIN, fino al 1989.

A.D.R.

Quando vivevo con Luigi Ciavardini ho seguito qualche processo e ho letto le carte delle relative vicende in cui lui era stato coinolto, così come di altre vicende aventi imputati appartenenti al terrorismo di destra. Ho ovviamente sentito quello che CIAVARDINI e NISTRI dicevano per le vicende che li riguardavano faccio un esempio la vicenda dell’agente di Polizia chiamato “Serpico” davanti al liceo Giulio Cesare in cui CIAVARDINI e NISTRI non erano coinvolti. Sia CIAVARDINI che NISTRI mi dissero che a sparare a Walter ROSSI era stato ALIBRANDI Alessandro e che era presente anche Cristiano FIORAVANTI.

A.D.R

All’epoca in cui ho detto è cioè quando ho vissuto con CIAVARDINI e NISTRI non ho ricevuto dai predetti confidenze sull’omicidio di Valerio VERBANO.

Sull’episodio citato non ho acquisito notizie da nessuno ne ho letto libri che abbiano ricostruito la vicenda.

Ho letto solamente l’articolo apparso sul quotidiano La Repubblicain occasione di uno degli ultimi anniversari dell’uccisione di VERBANO, credo un articolo a firma di BONINI o D’AVANZO.Se non ricordo male l’articolo chiamava in causa anche Roberto NISTRI e io leggendo anche se non vivo più con lui ma avendo conservato un rapporto di amicizia, l’ho contattato e gli ho chiesto spiegazione sul fatto che era riportato il suo nome. Lui mi rispose che era sempre la solita storia, che lui al momento dell’uccisione di Valerio VERBANO che era detenuto e che lui era chiamato in causa per un silenziatore. NISTRI mi disse “non siamo stati noi a uccidere Valerio VERBANO” io allora gli chiesi “voi chi?” e lui rispose “né Terza Posizione, né i N.A.R.”

A.D.R

Le cose che ho prima riportato sono state dette da me e NISTRI nel corso di una conversazione telefonica, ma non ricordo con certezza se sono stata io a chiamarlo oppure lui, forse potrei essere stata io dopo aver letto l’articolo. Voglio precisare che io con NISTRI sono sempre rimasta in contatto e a lui facevo riferimento anche quando dovevo scrivere un articolo per L’Unità e ciò in quanto lo ritengo una pesona molto colta.

A.D.R

NISTRI e CIAVARDINI non mi hanno parlato dell’omicidio di CECCHETTI.

A.D.R

Ho saputo, ma non ricordo se è stato CIAVARDINI o NISTRI a dirmelo, che VERBANO aveva accoltellato Nanni DE ANGELIS a piazza Annibaliano qualche tempo prima che Valerio VERBANO fosse ucciso.

[…]

A questo punto l’ufficio legge parte della conversazione telefonica intercorsa fra la GUALCO E Roberto NISTRI in data 11/3/2011 alle ore 15.10,53 inerente la vicenda.

Quindi si chiedono spiegazioni e in particolare di riferire il nome della persona che ha “le unghie gonfie e ricurve”.

La GUALCO preso atto dichiara:

Ricordo che ho parlato con NISTRI della vicenda anche nei termini che mi sono stati letti. Mi si chiedono indicazioni sulla persona che aveva “le unghie gonfie e ricurve” e riferisco che sicuramente ho pensato a una persona e che tale nome ho fatto NISTRI a voce. Ma ora non ricordo assolutamente il nome di tale persona, posso chiedere a NISTRI se lui ha un ricordo migliore e in tal caso apprendendolo verrò a riferirlo.

L’8 giugno 2013 Maura Gualco viene chiamata di nuovo a rendere sommarie informazioni negli uffici della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma davanti al sostituto procuratore dott. Erminio Amelio.

Viene invitata a riferire quanto è a sua conoscenza sui fatti intorno ai quali viene sentita ed avvertita dell’obbligo di dire la verità e delle conseguenze cui si espone chi tace in tutto o in parte circostanze a lei note, dichiara:

Confermo le dichiarazioni da me rese al R.O.S. in data 10 dicembre 2012 dopo averne ricevuto lettura integrale.

Domanda

Le è venuto in mente il nome da lei fatto a NISTRI Roberto in occasione del colloquio telefonico (intercettato) del 11/3/2011 alle ore 15.10,53 e cioè della persona che aveva le “unghie gonfie ricurve”?

Risposta

No, minimamente.

Domanda

Ha parlato con NISTRI Roberto per sapere se lui ricordava il nome di tale persona che lei gli aveva fatto, come lei ha detto nel corso delle dichiarazioni rese a questo ufficio il 10/12/12

Risposta

Ho provato a parlare con NISTRI, ma quando io gli ho detto di essere stata sentita in Procura non ha voluto più parlare con me.

Domanda

Perché lei ha riferito a NISTRI che era stata sentita in Procura?

Risposta

Ho detto a NISTRI che ero stata sentita in Procura perché ritengo che io non ero tenuta al segreto, o comunque non sapevo che dovevo mantenere il segreto.

A questo punto l’ufficio ritenuto che il tempo trascorso dalla citata telefonata (11/3/2011) e la prima audizione dal P.M. della GUALCO (10/12/12) non è tale da far dimenticare il nome della persona soprattutto se si tiene conto dell’importanza del fatto delittuoso e dei rapporti fra lei e NISTRI.

L’ufficio fa altresì presente che essa GUALCO, di sua iniziativa nel corso della telefonata citata fa riferimento alla “persona con le unghie gonfie e ricurve” e riferisce a NISTRI che il nome di tale persona glielo avrebbe riferito a voce, con ciò dimostrando che a distanza di tanti anni dall’omicidio lei ricordava benissimo le generalità di tale soggetto, nome che adesso dice invece di non ricordare nonostante sia trascorso meno tempo. Fa presente, altresì, che essa ha detto che il nome lo avrebbe riferito a voce (assumento quindi una particolare cautela) e che “tutto coincide”, circostanza della quale si chiedono ulteriori spiegazioni cioè si chiede di riferire che cosa coincide fra la persona con “le unghie gonfie e ricurve” e il “sottobosco” menzionato nella telefonata, contesto che non può che essere quello dell’omicidio di Valerio Verbano e dei suoi autori.

L’ufficio ammonisce il teste dicendo che ha l’obbligo di dire la verità e delle conseguenze di legge cui si espone chi tace tutto o in parte quanto a sua conoscenza.

Risposta

Io non ricordo assolutamente il nome di tale persona.

Il 6 marzo 2014 viene nuovamente convocata negli uffici della Procura dal PM Erminio Amelio.

Conferma il contentuto della telefonata con NISTRI. Dice di non ricordare il nome della persona con le “unghie gonfie e ricurve” il cui nome ho fatto a NISTRI come ho in precedenza dichiarato.

Le viene chiesto addirittura se tale persona potrebbe essere Andrea Munno ma Gualco Mauro dice di non conoscerlo.

Il sostituto procuratore ammonisce GUALCO Maura sull’obbligo di dire il nome ma la stessa insiste di non ricordarlo e che nel caso lo ricordasse tornerà per riferirlo..

Pochi giorni dopo, l’11 marzo 2014, viene ascoltato Nistri. Il quale sostanzialmente nega che Maura GUALCO gli abbia fatto il nome del “biondino con le unghie gonfie e ricurve”.

Nega un po’ tutto, anche cose assai poco verosimili, come l’aver saputo che era stato Verbano a scontrarsi con De Angelis solo anni dopo, dalla stessa Carla Verbano e addirittura di non ricordare l’episodio in cui fu ferito Stefano Cecchetti. Cosa assai improbabile visto lo scontrò che alimento a destra e sinistra quell’episodio…

Passano dunque 5 anni da quest’ultimo ascolto di NISTRI prima che il Pubblico Ministero chieda il rinvio a giudizio per Gualco Maura.

Anni in cui maturano i tempi per la prescrizione.

il 3 febbraio 2021 presso il Tribunale di Roma in composizione monocratica la dott.ssa Valeria Ciampelli dichiara che:

per il reato p. e p. degli artt. 378 c.p. e art. 1 L n. 15/1980 perché sentita dal Pubblico Ministero nell’ambito delle indagini relative all’omicidio di Valerio Verbano aggravato dalla finalità di terrorismo (reato commesso in Roma il 22/02/1980) aiutava ignoto soggetto a eludere le investigazioni delle autorità in particolare più volte richiesta di riferire le generalità della persona, o di fornire indicazioni sulla stessa, al fine di pervenire alla sua identificazione, ometteva e/o rifiutava di riferire alcuna notizia o circostanza utile al riguardo così impedendone l’identificazione e, conseguentemente, consentendo al predetto, direttamente coinvolte nelle fasi dell’omicidio, a eludere la investigazione dell’autorità giudiziaria procedente. In particolare chiesta di riferire in ordine al contenuto della seguente conversazione telefonica intercorsa fra la stessa e Roberto Nistri in data 11/3/2011 ALLE ORE 15.10.53 (RIT 758/11) inerente la vicenda del seguente testuale tenore:

GM (Gualco Maura) “eh dice io mi ricordo fa lei non si capisce perché lo dice ora e non trenta anni fa comunque che uno dei due che stavano un biondino c’aveva le unghie gonfie e ricurve” l’hai letto quell’articolo?

NR (Nistri Roberto) “no non assolutamente non leggo Repubblica ho letto questo qua perché me l’ha detto mia madre… m’è piato un bel colpo

GM: Poi te dico a voce che cell’ha le unghie gonfie e ricurve

NR: vabbè io non lo so

GM: e dico è proprio per me è proprio perché è sottobosco criminale cioè tutto coincide tutto coincide.

Riferiva

in data 10/12/2012

Ricordo che ho parlato con NISTRI della vicenda anche nei termini che mi sono stati letti. Mi si chiedono indicazioni sulla persona che aveva “le unghie gonfie e ricurve” e riferisco che sicuramente ho pensato a una persona e che tale nome ho fatto NISTRI a voce. Ma ora non ricordo assolutamente il nome di tale persona, posso chiedere a NISTRI se ha lui un ricordo migliore e in tal caso apprendendolo verrò a riferirlo.

In data 8/1/2013

Io non ricordo assolutamente il nome di tale persona.

In data 6/3/2014

Confermo il contenuto della telefonata con NISTRI di cui sopra. Non ricordo il nome della persona con le “unghie gonfie e ricurve” il cui nome ho fatto a NISTRI come ho in precedenza dichiarato.

Ribadisco di non ricordare il nome della persona.

Con l’aggravante di aver commesso il fatto per finalità di terrorimo.

In Roma il 6/3/2014

FATTO E DIRITTO

Con decreto ritualmente notificato GUALCO MAURA RAFFAELLA è stata tratta a giudizio davanti al Tribunale in composizione monocratica per rispondere del reato ascrittole in epigrafe.

La Difesa dell’imputata ha chiesto dichiararsi l’improcedibilità dell’azione penale per intervenuta prescrizione; a tale richiesta si sono opposti il Pubblico Ministero e la Difesa di parte civile (L’avvocato di Carla Verbano, Flavio Rossi Albertini n.d.a.).

Ritiene il Giudice che la richiesta difensiva sia meritevole di accoglimento, in quanto il termine di prescrizione massimo del reato è pari a sette anni e sei mesi, pur con l’aumento di pena previsto per l’aggravante contestata, che è fino alla metà.

Certamente deve ritenersi prescritto il fatto contestato con riguardo alle dichiarazioni rese in data 10.12.2012, risultando da allora decorso – alla data odierna – il periodo massimo di prescrizione, pari a sette anni e sei mesi.

Quanto alle contestazioni concernenti le dichirazioni rese in data 8.01.2013 ed in data 6.03.2014, si osserva che esse risultano esattamente corrispondenti a quelle rese nella prima occasione, ovvero in data 10.12.2021.

Se dunque le dichiarazioni in data 10.12.2012 costituiscono esse stesse reato, deve rilevarsi che quelle successive sono state rese quando erano già emersi a carico della GUALCO indizi di reità, dal momento che ella non fece altro che ribadire le dichiarazioni precedenti, a seguito delle medesime domanda a lei rivolte.

Pertanto le dichiarazioni rese in data 8.01.2013 ed in data 6.03.2014 sono inutilizzabili ai sensi dell’art, 63 co. 2 cpp.

Se da un lato i divieti di utilizzazione delle dichiarazioni auto – indizianti ex art. 63 cpp. non operano con riguardo a dichiarazioni che costituiscono esse stesse reato, come si verifica nel caso in cui il loro contenuto dia luogo alla configurabilità – a carico del dichiarante – del reato di favoreggiamento personale, deve d’altro lato osservarsi che “in tema di dichiarazioni indizianti, la inutilizzabilità erga omnes di dette dichiarazioni, prevista dall’art. 63 co. 2 cpp., per il caso in cui esse siano state rese da soggetto che fin dall’inizio avrebbe dovuto essere sentito in qualità di imputato o persona sottoposta ad indagini, è da riconoscere indipendentemente dalla circostanza che tale qualità venga poi effettivamente assunta o meno, ogni qual volta risulti che l’autorità procedente fosse già a conoscenza degli indizi di reità a carico del dichiarante” (cfr, Cass. Sez. III, 19.05.2005, n. 35629).

Ne consegue che il reato si è consumato alla data del 10.12.2012. e che le successive dichiarazioni, di contenuto corrispondente, rese quando già dalle precedenti emergevano a carico dell’imputata indizi di reità in ordine al reato di favoreggiamento, sono inutilizzabili.

Va conseguentemente dichiarata l’improcedibilità dell’azione penale per estinzione del reato, in assenza di evidenti motivi di proscioglimento nel merito.

PQM

visto l’art. 129 cpp.,

dichiara non doversi procedere nei confronti di GUALCO MAURA RAFFAELLA in ordine al reato ascrittole in quanto estinto per intervenuta prescrizione.

Roma 3.02,2021.

Si chiude così, a causa del ritardo incredibile della Procura nel chiedere il rinvio a giudizio di Gualco Maura e della poco convincente motivazione della dott.ssa Ciampelli, la possibilità di sapere chi sia uno degli assassini di Valerio Verbano.

1 . Procura della Repubblica, Tribunale di Roma, fasc 6391/11, Richiesta di archiviazione

2 Carlo Bonini, Omicidio verbano si stringe il cerchio, La Repubblica, 23 Febbraio 2011

Omicidio Verbano, si stringe il cerchio la prova del Dna contro uno dei killer

ROMA – Alla fine di un nulla durato 31 anni, ora il tempo di Carla Zappelli, 87 anni, la madre di Valerio Verbano, si è messo a correre. All’indietro. Alla mattina del 22 febbraio 1980. Al volto di almeno uno degli assassini. «Quello più alto, biondo, a viso scoperto». Carla è appena rientrata dal cimitero del Verano, dove ha passato un po’ di tempo da sola con suo figlio.

Il telefono squilla senza sosta. Le dicono che «forse, questa è la volta buona». Che deve credere in questa riapertura indagini della procura di Roma. Nella pista che porta ai due indiziati (uno ancora in Italia, l’ altro riparato in Brasile) su cui si è stretto il lavoro del Ros dei carabinieri. Lei ringrazia commossa. E torna a quella mattina: «È come un flash. Ricordo che aprii la porta agli assassini. E lo vidi in volto, quello lì. Aveva i capelli ricci e biondi. Rimase nella stanza a sorvegliare me e mio marito dopo che ci avevano legati, aspettando Valerio. Ogni tanto entrava nella stanza quell’altro, più bassino, che lo chiamava “fratello”. Il biondino stringeva la pistola nella mano, che gli tremava in continuazione. Ricordo le unghie delle sue dita. Un po’ bombate fortemente arrossate. Se mi mostrassero una sua foto dell’epoca, potrei riconoscerlo».

È possibile che a Carla Zappelli (già sentita lunedì dal pm Erminio Amelio) verrà presto mostrato l’ identikit aggiornato del «biondino». E magari una foto del tempo. Anche perché di lui e di almeno un altro degli assassini, l’ indagine ha messo insieme dettagli cruciali. Il Ros ha maturato la convinzione che i due appartenessero allo stesso gruppo di fuoco “nero” che gambizzò il 30 marzo 1979 Umberto Ugolini (Roberto, nda).

Un agguato per il quale ha pagato con il carcere Roberto Nistri, militante di spicco di Terza posizione, accusato per altro nella stagione dei pentiti “neri” di aver posseduto la pistola 7.65 con silenziatore artigianale che verrà lasciata dagli assassini di Verbano durante la fuga (Nistri verrà scagionato dal sospetto di aver partecipato all’omicidio perché in quel periodo era detenuto). «Quel Nistri – dice oggi Carla Zappelli – che a suo tempo ho voluto incontrare in questa casa. Che ha detto di non avere informazioni, ma che, ne sono convinta, conosce i nomi degli assassini di Valerio». Il Ros ha anche individuato uno dei luoghi in cui, tra il ’79 e l’80, quel gruppo cementò la propria “fratellanza”. La scuola professionale per sommozzatori “Marco Polo”, sulla via Salaria. Ai piedi del triangolo di quartieri Montesacro-Talenti-Trieste, dove il “gruppo” si era formato.

Dal lavoro sugli archivi della “Marco Polo”, l’indagine ha infatti recuperato l’ elenco degli iscritti ai corsi dell’80. E acciuffato i ricordi di almeno uno di loro (il cui nome venne per altro ritrovato annotato negli appunti sequestrati in un covo dei Nar di Torino).

«Ricordo – ha riferito il testimone due ragazzi che frequentavano la “Marco Polo”: portavano una catenina al collo con un fregio simile a una svastica. E ricordo il nome di uno di loro». Uno degli indiziati dell’omicidio Verbano, appunto. Partito, a un certo punto di quel 1980, per il servizio di leva nei paracadutisti della Brigata Folgore, a Livorno. Non è tutto. In questi due anni, da un polveroso anfratto dell’ufficio corpi di reato del Tribunale di Roma è riemerso il silenziatore artigianale avvolto nel nastro adesivo che armava la 7.65 ritrovata sulla scena del crimine di via Monte Bianco. Nei prossimi giorni, nei laboratori del Ris, sulla parte adesiva interna di quel nastro, quella entrata in contatto con i polpastrelli di chi lo maneggiò, la scienza forense, farà quello che 31 anni fa era impossibile fare. Verrà estratta la traccia biologica di chi preparò quel silenziatore. E almeno uno degli assassini di Verbano, oltre a un nome e a un identikit, avrà anche un profilo del dna.

3 . Tribunale di Roma, Procura della Repubblica, fasc. 6391/11, vdsi, 11marzo 2011.

4 . Archivio del giudice istruttore, Tribunale di Roma, fasc. 589/80A, 01 marzo 1980.

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Quel maledetto ultimo giorno

Il 22 febbraio 1980 Valerio viene assassinato in casa sua, davanti ai suoi genitori, da tre individui con il viso mascherato.

Cosa accade quel giorno?

Carla Verbano racconta così le ultime ore di vita del figlio:

Verso le ore 12:45 di oggi ho sentito suonare alla porta della mia abitazione, sita all’interno 12 della scala B. Ho aperto senza guardare dallo spioncino perché non avevo alcun motivo di timore, ed è stato così che mi sono trovata innanzi tre individui, tutti con il volto travisato, che descriverò meglio in seguito. Sono rimasta senza parole per lo stupore e i tre, o meglio uno di essi, che calzava il berrettino marrone, mi ha chiesto testualmente: «Dove è Valerio? ». Ho fatto appena in tempo a rispondere che si trovava a scuola quando sono stata afferrata da uno di essi, che mi ha tamponato la bocca con una mano, sospingendomi all’interno dell’abitazione e chiedendomi contestualmente se in casa si trovava solo mio marito. Tutti sono entrati nella camera da letto dove si trovava mio marito, ad eccezione di quello che teneva a bada me. È stato così che ci hanno immobilizzato entrambi, legandoci con del nastro adesivo mani, piedi e tappandoci con lo stesso mezzo la bocca. Prima che mi mettessero il nastro adesivo sulla bocca, li ho pregati di far stendere sul letto mio marito, che nel frattempo era già stato legato e adagiato sul pavimento, facendo loro presente che soffriva di artrosi. Mi hanno accontentata stendendoci entrambi sul letto matrimoniale. Devo precisare a questo punto che tutti i tre sconosciuti erano armati di pistola, una delle quali mi è sembrata inizialmente un bastone o un manganello, perché, come ho avuto modo di appurare, recava un grosso silenziatore avvolto in numerosi giri di nastro adesivo. I tre ci hanno chiesto a che ora rincasasse nostro figlio e ricevuta risposta nella maniera in cui potevamo rispondere, avendo la bocca coperta dal nastro, ci hanno raccomandato di non gridare e di non muoverci altrimenti sarebbe finita male. Ho tentato di farmi dire da loro quale fosse il motivo dell’aggressione ed essi, anzi quello con il berrettino marrone, mi ha detto che dovevano soltanto chiedere dei nomi a mio figlio e che non sarebbe successo niente. Mentre uno rimaneva costantemente a controllarci, quello col passamontagna celeste, gli altri due giravano nella casa e in particolare nell’ingresso, evidentemente nell’attesa dell’arrivo di mio figlio. Egli è sopraggiunto verso le ore 13:40, quando ho sentito che introduceva le chiavi nella toppa della porta d’ingresso senza suonare. A tale avvisaglia, anche il terzo individuo che controllava noi si è avviato verso l’ingresso, e a questo punto ho inteso prima un rumore di colluttazione e subito dopo il rumore di vetri infranti della specchiera dell’attaccapanni che si era rotta. Ho udito quindi mio figlio gridare aiuto e poi un colpo di arma da fuoco molto attutito.

Mentre tentavo di trascinarmi legata verso l’ingresso, sentivo sempre mio figlio invocare aiuto, e quando sono riuscita a raggiungere l’atrio ho visto che la porta era stata lasciata aperta dai tre che si erano allontanati e che i vicini, richiamati dal rumore, stavano entrando in casa. Ho trovato mio figlio disteso sul divano del salotto di traverso, con le gambe fuori, che dava chiari segni di sofferenza. Non ho visto dove era stato ferito, perché abbiamo guardato solo sul davanti e alla testa senza notare lesioni o tracce di sangue. L’autoambulanza chiamata da un vicino è arrivata circa quindici minuti dopo, quando mio figlio incominciava a perdere sangue dalla bocca. Nel frattempo era sopraggiunta la Polizia, che ha tentato di prestare i primi soccorsi1.

Le dichiarazioni di Sardo sulle ultime ore di vita del figlio sono pressoché simili:

Erano le 12:15. Io e mia moglie eravamo appena rientrati a casa.

Lei in cucina faceva da mangiare, io ero in camera da letto. Suonarono.

Mia moglie è andata ad aprire: ha visto dei giovani, non si è insospettita. Socchiusa la porta, l’hanno afferrata, girata perché non li vedesse bene in faccia, spinta dentro: «Zitta, dov’è Valerio?». Le hanno puntato contro una pistola. Sono apparsi all’improvviso nella mia stanza. Ho capito subito quello che stava avvenendo: ho afferrato una sedia, mi sono scagliato addosso al primo.

Non ho avuto il tempo di vibrare il secondo colpo: uno dei fascisti mi ha colpito al ventre, sono stramazzato sul pavimento. Mi hanno puntato la pistola alla nuca: «Se ti muovi ti spariamo…».

Mia moglie ha sussurrato: «Sardo, non sono ladri, cercano Valerio ». Ci hanno legati, imbavagliati, sbattuti sul letto. Sentivamo che il terzo rovistava nell’armadio di Valerio. «Ma che volete da Valerio?». «Due minuti e finisce tutto, se lui ci dice dei nomi…».

Abbiamo passato così tre quarti d’ora interminabili. Guardavamo l’orologio e pensavamo: forse Valerio oggi non viene, forse va con i suoi amici. Era quasi l’una quando abbiamo sentito il rumore della chiave infilata nella serratura. E noi lì, incapaci di avvertirlo del pericolo, di salvarlo, di scongiurare la tragedia…Tutto si è concluso in pochi istanti. Abbiamo sentito la sua voce allegra:

«Ciao , mamma…», poi il silenzio. Li aveva visti, aveva capito che era in trappola. Abbiamo sentito il rumore di una lotta furibonda.

Tremava il muro, uno specchio è caduto ed è finito in frantumi.

Valerio deve avere resistito con tutte le sue forze, mentre noi tentavamo disperatamente di slegarci, di correre ad aiutarlo.

Poi i due colpi, smorzati dal silenziatore. Un grido: «Aiuto, mamma…». E i passi dei tre giù per le scale. Mia moglie si era buttata giù dal letto, strisciando era arrivata nell’ingresso, proprio quando si sono affacciati i vicini. Ci hanno visto legati, sono corsi a liberarci, e noi che facevamo cenno verso la stanza: no, pensate a lui, pensate a Valerio. Mia moglie è corsa in terrazzo a gridare:

«Hanno sparato a Valerio, chiamate la Polizia». Io sono corso da mio figlio, gli ho alzato la camicia, maglione, ma dove gli avevano sparato? Non si vedeva nulla. Forse gli hanno solo dato una botta in testa, pensavo… Sentivo la voce angosciata di mia moglie: «Guarda, sta diventando violaceo, sta cambiando colore…». Poi ha vomitato sangue dalla bocca, allora abbiamo capito che era finita.

Appena la Polizia è arrivata, io sono stato trascinato via al quarto distretto, mia moglie è dovuta rimanere perché si aspettava la scientifica. Mio figlio è morto sull’ambulanza da solo, senza che avesse accanto nessuno di noi2.

Certo una cosa importante che emerge dalle dichiarazioni di Sardo Verbano è che quel giorno lui non si recò al lavoro. Una cosa anomala per Sardo, che infatti ha dichiarato:

Nella giornata odierna non mi sono recato in ufficio, bensì assieme a mia moglie Zappelli Rina sono andato al Policlinico Umberto I per accertamenti medici. Assieme abbiamo fatto rientro a casa verso le ore 12:30. Dopo non molto, verso le ore 12:50 abbiamo udito, anzi mia moglie ha udito suonare il campanello di casa, per cui si è recata ad aprire3.

Gli assassini di Valerio lo sapevano? Hanno agito all’insaputa di questa informazione o hanno agito lo stesso pur sapendo che entrambi i genitori erano in casa? E se così fosse, forse avevano pedinato preventivamente l’intera famiglia Verbano?

Immediatamente accorrono dunque i vicini di casa della famiglia Verbano, che poi testimonieranno alla Polizia quanto hanno visto e sentito in quelle ore.

Verso le ore 13:30 mi trovavo nella mia abitazione intento a desinare, quando ho sentito un forte rumore, pensando che qualcuno avesse fatto cadere dei listelli che avevo posto all’angolo del pianerottolo adiacente all’abitazione del dott. Federico Pinci, sita all’int.14, sono uscito e m’avvidi che l’abitazione accanto alla mia aveva la porta aperta e dall’interno provenivano dei lamenti soffocati.

Mi affacciai all’interno di essa e vidi la signora Verbano legata e imbavagliata che si trascinava seduta sul pavimento. Ho liberato la signora dai legamenti in nastro adesivo di colore marrone, e nel contempo la stessa mi indicava il figlio che giaceva su di un divano. Contemporaneamente entravano nell’appartamento altri inquilini tra i quali il mio collega Mirino Giuseppe. Unitamente al

Mirino abbiamo adagiato in modo migliore il Verbano Valerio, che prima stava con le gambe penzoloni dal divano stesso. Subito dopo incominciavano ad arrivare i primi soccorsi. Non ho sentito alcuna detonazione, e tantomeno uscire delle persone dall’abitazione del Verbano. Oltre ciò non ho sentito alcun trambusto per le scale4.

Fra loro accorre subito anche Fabrizio P., amico e vicino di casa di Verbano, che descrive così quei momenti:

Ricordo il giorno che io tornavo da scuola e che gli spararono, io ero entrato dentro casa, e lui era sul divano, e urlai contro i barellisti, perché stavano aspettando l’ascensore con la barella sotto al portone… Ricordo proprio questo momento, e lui sul divano, che aveva… questo sangue all’orecchio… lo ricordo come se fosse questo momento… sul divano, sdraiato, era bianco, veramente, assolutamente, non rispondeva… e poi che lo portarono via5.

Altre dichiarazioni dei vicini di casa convergono con quella di C. Gennaro. Tuttavia ce n’è una più accurata, che apre la porta a mille domande. È la dichiarazione di Gino De Angelis:

Verso le 13:40 circa, mentre stavo rientrando a casa, giunto in prossimità del portone d’ingresso dello stabile, notavo tre individui sui venti anni circa che stavano uscendo con passo piuttosto svelto. Uno dei tre e precisamente il più alto, che era quello che ho incrociato per primo, era alto circa 1,70-1,75, indossava un giaccone di colore chiaro, aveva capelli di colore castano chiaro, non molto lunghi e non portava né baffi né barba. Gli altri due invece erano più bassi del primo di circa dieci centimetri e non portavano indumenti chiari. Preciso che il primo giovane era longilineo, mentre gli altri due rispetto al primo erano un po’ più paffuti, ma non grassi. Alcuni giorni addietro, non ricordo con esattezza quando, tre le ore 13 e le 14, notai quattro giovani, tra cui il Verbano Valerio, in Via Monte Bianco, nei pressi del circolo Enal, che parlavano fra loro, mi sembra che i tre giovani incontrati oggi siano gli stessi. Probabilmente sarei in grado di riconoscere il primo dei tre giovani attraverso delle fotografie6.

La DIGOS mostrò successivamente delle foto segnaletiche a Gino De Angelis, fra cui quelle di Nazareno De Angelis e Silvio Leoni, e altre di cui non è dato sapere, ma egli dichiarò di non aver riconosciuto nessun autore del fatto criminoso7.

I ragazzi di cui parla Gino De Angelis erano gli stessi che aveva visto parlare con Valerio due giorni prima?

Fra i tanti vicini che accorrono in casa Verbano ce n’è uno particolarmente famoso alle cronache politiche e giudiziarie degli anni Sessanta e Settanta, che abbiamo già incontrato nel momento della morte di Paolo Rossi: è Mario Merlino, estremista di destra, che attraversa da protagonista tutti gli anni delle stragi fasciste e di Stato. Nel libro di Nicola Rao, Il piombo e la celtica, Merlino ha raccontato la sua presenza sul luogo del delitto. È l’unica testimonianza relativa alla sua presenza sul luogo del delitto, da lui stesso rilasciata. In questa intervista Merlino afferma che si era trasferito nel palazzo da poco tempo, al piano di sotto della famiglia Verbano e che conosceva Carla, in quanto, essendo lei una ex-infermiera, si era prestata qualche volta a fare delle iniezioni al figlio piccolo dello stesso Merlino. Il giorno dell’omicidio il noto terrorista fascista narra di essere stato avvisato da una vicina di casa di quello che era successo, e di essere subito corso nell’appartamento dei Verbano. Stando alla sua testimonianza, lui stesso, per primo, ha slegato Carla e poi Sardo8.

Quest’ultima dichiarazione contrasta nettamente con quelle fatte dagli altri vicini di casa, i quali affermano, nelle dichiarazioni rese alla DIGOS e sopra menzionate, di essere stati loro a slegare i coniugi Verbano.

Carla Verbano, d’altro canto, conferma che Merlino effettivamente fu tra le persone che accorse per aiutare lei e Sardo, ma a distanza di tanti anni non ricorda se fu esattamente lui a liberarli o meno. Carla, comunque, conferma che conosceva Merlino e che in qualche occasione si era recata nell’abitazione di lui e della moglie per fare delle iniezioni al loro figlio piccolo.

Fin qui tutto sembra rientrare nella casualità degli avvenimenti, ma occorre sottolineare un dato inquietante: Merlino non fu interrogato né dalla Polizia del quarto distretto né dalla DIGOS, e successivamente neanche dal giudice D’Angelo. O, se lo fu, agli atti delle indagini non risulta nulla, niente, zero. Ma com’è possibile che uno dei personaggi più oscuri del neofascismo italiano, accorso per aiutare la famiglia Verbano, non sia stato interrogato dalla Polizia né nell’immediato, né nei giorni successivi e nemmeno nei nove anni dell’istruttoria? Valerio aveva svolto approfondite ricerche sulla destra eversiva, e Merlino, con le sue ampie conoscenze dell’ambiente nazifascista romano, avrebbe potuto, se avesse voluto, aiutare gli inquirenti. Perché un testimone importante come lui non è stato mai interrogato?

È lecito inoltre chiedersi: Merlino era a conoscenza del lavoro di controinformazione svolto da Valerio? Non è un’ipotesi del tutto campata in aria, dal momento che i giornali avevano già ampiamente riportato la notizia del materiale sequestrato a Valerio a seguito dell’arresto.

Come detto, però, nelle carte dell’istruttoria non c’è traccia del passaggio di Mario Merlino. Questo è un esempio negativo di come gli inquirenti condurranno le indagini da quel 22 febbraio fino all’aprile del 1989, quando verrà archiviata l’istruttoria senza che siano trovati i colpevoli dell’omicidio di Valerio.

Ma quell’ultimo giorno nulla lasciava presagire quanto sarebbe accaduto. Lina ricorda che era un giorno come gli altri, e nonostante i segnali dei giorni precedenti, Valerio era andato a scuola e dopo una passeggiata con gli amici si era diretto a casa:

Quel giorno non siamo andati a scuola, siamo andati ai Pini. Mi ricordo che c’era una bella giornata di sole. Me lo ricordo. Anche se faceva freddo. E ci siamo messi sul prato… io, Massimo, altra gente… e siamo stati là. Abbiamo fatto sega a scuola… Siamo stati là, a chiacchierare, insomma a stare così. Poi Massimo veniva a pranzo a casa mia, ci siamo salutati e siamo venuti a casa. Mia madre quel giorno preparava i ravioli. Ancora me lo ricordo. Arrivò Valerio sotto casa, gli suonò con la Vespa alla finestra, avevo la finestra proprio sulla strada. Arrivò e chiamò: «Massimo!».

Massimo si affacciò. Si dissero qualcosa, io non mi ricordo perché stavo di là in cucina… Mia madre s’affaccia e gli dice: «Vieni su a mangiare i ravioli su da me?». E Valerio, mi ricordo, mi disse: «No, devo andare a casa, m’aspetta mamma». Salutato Valerio.

Valerio è andato a casa. Magari rimaneva a pranzo da me, insomma, voglio dire, non lo so per Carla e per Sardo, ma prima o poi se ne sarebbero dovuti andare. Però me lo ricordo bene, quel giorno non me lo scorderò mai. Anche perché, subito dopo, mi ricordo che arrivò un altro amico che chiamava Massimo… ma era proprio appena successo… cioè era proprio… Radio Onda Rossa aveva già dato la notizia… «Massimo! Massimo!». Ancora me la ricordo proprio emozionale ’sta cosa… scusami… «Corri! Corri! Dice che hanno sparato a Valerio!»… Ancora c’ho i sudori, guarda, me sento male… Massimo scappò via da casa mia e io mi ricordo che rimasi… basita, perché dico: che vor dì? Che significa?

Cioè, sparato a Valerio che vuol dire? E mi ricordo che uscii subito col motorino e mia madre non mi voleva fa’ uscì perché… cioè, gli era preso un colpo. Io mi ricordo che telefonai a mio padre, io

je dico: «Dì a tua moglie che mi deve lascia’ perdere, cioè nel senso…Io devo andare». E infatti so’ andata via, so’ andata col motorino sotto casa. So’ arrivata sotto casa, c’era l’ambulanza che portava via Valerio. Però non sapevo che era Valerio. Cioè, nel senso, io ho visto solo un’ambulanza andare via, e c’era Valerio dentro. Dopo me l’hanno detto, perché dopo abbiamo parlato con Carla e abbiamo ricostruito il tutto. E, poi vabbe’, dopo la manifestazione e tutto quello che c’è stato9.

La ricostruzione della dinamica del delitto, agli atti, è affidata alle sole testimonianze di Carla e Sardo Verbano, che raccontano agli inquirenti giunti sul posto di essere stati immobilizzati e trattenuti nella loro camera da letto e di aver poi sentito, una volta rientrato Valerio a casa, rumori di colluttazione e un colpo esploso di pistola.

Alle 14:15, mentre il personale medico del Policlinico Umberto I accerta la morte di Valerio avvenuta in ambulanza, sul luogo del delitto arriva il personale della Polizia scientifica per i rilievi.

Dal verbale di sopralluogo che viene stilato si legge che l’ingresso dell’abitazione dei Verbano è in disordine. I segni più visibili della colluttazione udita dai coniugi Verbano, avvenuta proprio nell’ingresso, sono rappresentati da uno specchio rotto e un attaccapanni capovolto, dietro il quale viene rinvenuto un rotolo di nastro adesivo integro, dello stesso tipo di quello usato per imbavagliare e legare i coniugi Verbano.

Nella parete di destra dell’ingresso, a poco meno di un metro d’altezza, viene rilevato un foro cieco di proiettile, che sarà poi estratto il giorno seguente dalla scientifica e risulterà essere un calibro 7,65. Sul pavimento, proprio sotto il foro di proiettile, viene repertato anche un bossolo, sul cui fondello è impressa la scritta 32 AUTO WW, che da perizia balistica risulterà appartenere alla stessa cartuccia del proiettile conficcato nel muro.

Su un mobile, sempre nell’ingresso, viene rinvenuta una borsa a tracolla color ghiaccio, aperta, contenente occhiali da sole, un teleobiettivo, un passamontagna scuro, un berretto di lana e una tuta blu con scarpette da ginnastica. La borsa in oggetto appartiene a Carla Verbano, ma non il suo contenuto: il passamontagna non è di nessun membro della famiglia, mentre gli occhiali da sole e il teleobiettivo sono oggetti che i killer hanno trafugato dalla camera di Valerio. È presumibile, infatti, che i killer abbiano riempito la borsa con l’intenzione di portare via qualcosa, ma che l’abbiano poi dimenticata quando si sono dati alla fuga.

Nell’attigua sala da pranzo, la scientifica rileva tracce di sangue sul divano e su un asciugamano posto sopra il divano. Sotto il divano viene rinvenuto un berretto di lana. Poco distante, la borsa a tracolla di cuoio di Valerio e, vicino, un guinzaglio a maglie piccole.

A circa due metri dal divano, a terra, giace una pistola con silenziatore, marca Beretta calibro 7,65, con numeri di matricola abrasi.

Il silenziatore ad essa attaccato è artigianale ed è macchiato di sangue. Accanto alla pistola c’è una rudimentale custodia per silenziatore animata con stracci e rivestita con nastro adesivo analogo a quello usato per immobilizzare i Verbano. C’è anche un passamontagna celeste abbandonato vicino alla pistola.

Proseguendo con la descrizione fornita nel verbale, in camera da letto dei coniugi Verbano viene trovato del nastro adesivo spiegazzato, diviso in più segmenti abbastanza lunghi. Uno di questi segmenti ha un fazzoletto bianco attaccato a un’estremità.

Si tratta evidentemente del nastro per legare i Verbano e del fazzoletto usato per imbavagliarli.

Nella stanza di Valerio, stando sempre al verbale di sopralluogo della scientifica, c’è un armadio con le ante aperte e una gruccia a terra. Su un tavolino è appoggiata una macchina fotografica marca Zenit, priva di obiettivo, e altro materiale fotografico, come obiettivi, copri obiettivi, custodie per macchine fotografiche e per teleobiettivi.

Gli oggetti sopra menzionati, su ordine del funzionario della DIGOS e vicequestore Andreassi, presente anche lui sul luogo del delitto, vengono repertati in loco dal personale della scientifica, per essere poi da quest’ultima analizzati.

Ora, delle analisi scientifiche fatte su questi oggetti repertati, nelle carte processuali, sono riportate la perizia balistica sulla pistola Beretta e i proiettili e l’esame della macchina fotografica che si trovava nella stanza di Valerio, della quale fu sviluppato, con scarsi risultati come vedremo, il rullino.

Per quanto riguarda il restante materiale, come il passamontagna, il guinzaglio, il rotolo di nastro adesivo e il berretto rinvenuto nella borsa di Carla, tutti oggetti verosimilmente appartenuti ai killer, non ci sono relazioni peritali. Non è dato sapere, dunque, se in questi siano state rinvenute tracce di sangue, o capelli, o altro utile a risalire all’identità degli assassini.

Il verbale di sopralluogo accenna appena alle indagini svolte su questi oggetti:

Si dà atto che in sede di sopralluogo, per ordine del funzionario della DIGOS dottor Andreassi, sono stati repertati i sottoelencati oggetti che dopo accurato esame presso i locali del gabinetto regionale di Polizia scientifica vengono restituiti al prefato Ufficio10.

Dunque questi oggetti, dopo «accurato esame» vengono restituiti alla DIGOS.

Ma, come detto, di questi accurati esami non c’è traccia nelle carte dell’istruttoria, nemmeno una relazione che dica cosa è stato analizzato e come.

Nello stesso verbale di sopralluogo viene sbrigativamente riportato l’esito negativo della ricerca delle impronte dei killer sul luogo del delitto:

Allo scopo di mettere in evidenza eventuali impronte di linee papillari latenti, abbiamo cosparso con polvere di alluminio tutti i mobili e gli oggetti con superficie levigata, presumibilmente toccati dagli ignoti, ma tale operazione ha dato esito negativo11.

Carla Verbano dichiara sin da subito che uno dei killer, quello che indossava il passamontagna celeste, non aveva un guanto, e ne descrive persino le unghie12. I tre hanno frugato nella camera di Valerio, toccato i mobili nella stanza di Carla e Sardo, senza contare che c’è stata anche una colluttazione, nella quale sono stati perduti oggetti, come il rotolo integro di nastro adesivo, che molto probabilmente qualcuno di loro ha toccato senza guanti, se non altro nel momento dell’acquisto. È quindi poco soddisfacente leggere, in merito alla ricerca di impronte, solo due righe in un verbale di sopralluogo, ed è ancora più sconfortante, proprio alla luce della dinamica dell’omicidio, non trovare alcun accenno della ricerca di tracce ematiche appartenente agli assassini.

Anche se nelle carte manca una ricostruzione della dinamica del delitto fatta dagli inquirenti attraverso le risultanze scientifiche, possiamo ipotizzare a grandi linee, basandoci sulle testimonianze di Carla e Sardo, sul verbale di sopralluogo e su quelli della perizia balistica e dell’autopsia, che Valerio entrò in casa, trovò i suoi assassini nell’ingresso ad aspettarlo e reagì picchiandosi con loro. Si difese con tutte le sue forze, come testimoniano le numerose ecchimosi sul suo corpo e il disordine in casa. Riuscì probabilmente a togliere il passamontagna celeste a uno dei suoi aggressori, poi uno dei tre, e precisamente quello che aveva la pistola con il silenziatore artigianale, sparò un colpo, che si andò a conficcare nel muro, e poi un altro colpo che rimase inceppato dentro la camera di scoppio. Valerio riuscì probabilmente a disarmarlo, perché la pistola con silenziatore che sparò contro il muro è, stando alla perizia balistica, la stessa Beretta 7,65 rinvenuta a terra dagli inquirenti nell’abitazione.

Forse i colpi partirono da questa pistola durante la colluttazione, nella quale il silenziatore, peraltro, si macchiò di sangue. Ad ogni modo, Valerio cercò di scappare in sala da pranzo, presumibilmente per uscire in terrazza e da lì calarsi giù in strada, ma uno dei killer, armato di una calibro 38, lo fermò sparandogli un colpo alle spalle. Fu probabilmente questo il colpo, l’unico, che udirono Carla e Sardo Verbano, legati in camera da letto, dato che la Beretta aveva il silenziatore. In base all’esame autoptico, la traiettoria del proiettile risulta essere dal basso verso l’alto, con una leggera obliquità da destra verso sinistra, il che fa pensare che il killer si trovasse a terra in quel momento, e a una distanza abbastanza ravvicinata, di quaranta o cinquanta centimetri. Subito dopo il colpo Valerio cadde sul divano, colpito all’altezza della seconda vertebra lombare, mentre i killer si dileguarono velocemente dall’appartamento, lasciando la pistola con il silenziatore, la custodia del silenziatore, un guinzaglio, un passamontagna, un rotolo di nastro adesivo e altro materiale nella borsa color ghiaccio di Carla.

La ferita di Valerio è mortale, il proiettile ha lesionato l’aorta addominale e provocato una emorragia interna, e inutili sono i soccorsi.

Alla luce di questo quadro, ricercare tracce ematiche non appartenenti a Valerio, anche piccole, magari a terra o sullo specchio andato in frantumi, o nei passamontagna rinvenuti, o anche sotto le unghie di Valerio, dal momento che aveva colpito i suoi aggressori, sarebbe stato quantomeno sensato. Lo stesso si può dire in merito a una ricerca più accurata di impronte digitali, da farsi anche sugli oggetti come, appunto, il nastro adesivo o la pistola stessa, esami di cui nelle carte non c’è traccia.

Il giudice D’Angelo dà mandato al medico legale di eseguire l’autopsia sul corpo di Valerio, e chiede a questi di stabilire l’epoca, la causa e i mezzi che l’avevano prodotta. Dal momento che si trattava di ferita d’arma da fuoco, il giudice chiede anche di accertare il numero dei colpi, la loro traiettoria e distanza dalla vittima. Il medico risponde alle domande, specificando che, per stabilire l’effettiva distanza, sarebbe stato necessario confrontare i risultati della perizia balistica.

Tale distanza può essere indicata, molto approssimativamente, nella misura di 40-50 centimetri; una maggiore precisione si potrebbe avere avendo a disposizione l’arma usata e verificandone gli effetti secondari dell’esplosione, essendo questi ultimi molto variabili13.

Tuttavia questo confronto non verrà mai fatto, così come non sarà utilizzata in nessun modo l’informazione, espressamente richiesta dal giudice, circa il gruppo sanguigno di Valerio.

Al medico incaricato di svolgere l’autopsia, infatti, il giudice D’Angelo chiede di riferire il gruppo sanguigno di Valerio Verbano, che risulta essere B-RH positivo. Questo, presumibilmente, per compararlo con quello trovato in casa, e in particolare sul divano, sull’asciugamano e sul silenziatore, dove era possibile individuarlo anche a occhio nudo. Invece l’informazione sul gruppo sanguigno rimane fine a se stessa. Non risulta dalle carte che il sangue sul divano e sull’asciugamano sia stato analizzato, e nemmeno quello sul silenziatore che, più probabilmente, sarebbe potuto appartenere a uno dei killer. Al pari, nulla fu fatto per individuare eventuali tracce ematiche non immediatamente visibili ad occhio nudo sul luogo del delitto. A cosa è servito stabilire il gruppo sanguigno di Valerio, se poi non sono state effettuate le dovute comparazioni con le altre tracce ematiche presenti sul luogo del delitto?

Ai periti della balistica, invece, il magistrato chiede di stabilire quali dei due proiettili repertati, uno conficcato nel muro d’ingresso e l’altro estratto dal corpo di Valerio, siano stati esplosi con la Beretta 7,65 rinvenuta sul luogo del delitto; chiede poi di precisare le cause che non hanno consentito l’espulsione del proiettile rinvenuto nella camera di scoppio della stessa pistola e, infine, di ricostruire il numero di matricola abrasa dell’arma.

In base ai risultati della perizia, la pistola Beretta 7,65, con matricola abrasa, munita di silenziatore artigianale, è la stessa che ha sparato il proiettile conficcato sul muro, cui appartiene anche il bossolo rinvenuto sul pavimento, proprio sotto il foro.

Il proiettile che ha ucciso Valerio, invece, proviene da una calibro 38 e presenta delle caratteristiche riconducibili a revolver calibro 38 marca Smith & Wesson, Sturm-Ruger o Taurus.

Per quanto riguarda la cartuccia inesplosa, rimasta dentro la camera di scoppio, il motivo della mancata esplosione è da attribuirsi alla presenza del silenziatore artigianale, e più precisamente alla imperfetta coassialità tra questo e la canna della pistola, cosa che ha provocato l’urto del proiettile contro i diaframmi interni del silenziatore. Infine, i periti ricostruiscono il numero di matricola con un buon margine di probabilità, e questo permetterà in effetti di risalire, come vedremo, al proprietario dell’arma il quale, come spiegherò meglio inseguito, si scoprirà essere l’agente di Polizia Raffani.

  1. 1. Archivio del giudice istruttore, Tribunale di Roma, fasc. 589/80A, IV Distretto di Polizia, Verbale d’interrogatorio a Zappelli Rina, 22 febbraio 1980, ore 16.
  2. 2. Baraldi, Il padre di Valerio: «Non so perdonare, ma fermiamo la strage», «Paese Sera», 18 aprile 1980.
  3. 3. Ibidem.
  4. 4. Archivio del giudice istruttore, Tribunale di Roma, fasc. 589/80A, IV distretto di Polizia. Verbale d’interrogatorio a C. Gennaro,

22 febbraio 1980, ore 16:30.

  1. 5. Intervista a Fabrizio P., Roma, 25 novembre 2008.
  2. 6. Archivio del giudice istruttore, Tribunale di Roma, fasc. 589/80A, IV distretto di Polizia. Verbale d’interrogatorio a De Angelis

Gino, presso la sua abitazione, 22 febbraio 1980, ore 14:35.

  1. 7. Archivio del giudice istruttore, Tribunale di Roma, fasc. 589/80A, questura di Roma, DIGOS, 27 febbraio 1980
  2. 8. N. Rao, Il piombo e la celtica, op. cit., pp. 275-276.
  3. 9. Intervista a Lina, Roma, 10 gennaio 2009.
  4. 10. Archivio del giudice istruttore, Tribunale di Roma, fasc. 589/80A, questura di Roma, gabinetto di Polizia scientifica, 22 febbraio 1980.
  5. 11. Ibidem.
  6. 12. Archivio del giudice istruttore, Tribunale di Roma, fasc. 589/80A, IV distretto di Polizia, verbale d’interrogatorio a Carla Verbano, 22 febbraio 1980, ore 16:12.
  7. 13. Archivio del giudice istruttore, Tribunale di Roma, fasc. 589/80A, relazione medico-legale in ordine alla morte di Verbano Valerio, 23 febbraio 1980.

Valerio Verbano. Una ferita ancora aperta, di Marco Capoccetti Boccia, Lorusso Editore

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Valerio, non un nome su una via ma su tutte le piazze su tutte le vie

Queste sono le fotografie della Mostra dei manifesti dedicati a Valerio Verbano dal 1980 al 2011

Le foto sono in continuo aggiornamento: in coda le foto dei manifesti degli anni successivi al 2011

La mostra e la foto sono rigorosamente Copyleft
Chiunque può stamparle e caricarle sul proprio sito internet o blog, rispettando l’esatta dicitura qui sotto riportata
Grazie

Titolo della mostra:
“Valerio, non un nome su una via ma su tutte le piazze e su tutte le vie”
a cura di Marco Capoccetti Boccia, Paolo C. Alessandro P.

Uno speciale ringraziamento a Cecilia Fabiano per le foto scattate ai manifesti

Per i prestiti dei manifesti si ringrazia:

Andrea della Libreria  Anomalia di Via dei Campani, 73
Renato del Centro sociale Brancaleone di Via Levanna, 11
Daniele dell’ex Centro sociale “La Marmitta”
Il Centro di documentazione del Centro sociale “Macchia Rossa”, via Pieve Fosciana, 56/82/88

In particolare si ringrazia Carla Verbano per aver donato alcuni dei manifesti qui fotografati alla “Palestra Popolare Valerio Verbano”

Anni mancanti: 1989, 1991, 1994, 1996, 2004
Se qualcuna\o possiede una copia di questi manifesti è pregato di contattarci, grazie.  Email: marcocapoccettiboccia@gmail.com

Febbraio 1980
c/o Archivio Centro sociale Brancaleone
***
Mercoledi 22 ottobre 1980
c/o Archivio Centro sociale Brancaleone
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Sabato 22 febbraio  1981
c/o Centro di documentazione anarchica della libreria Anomalia
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Martedi 25 febbraio 1981
c/o Centro di documentazione “Macchia Rossa”
***
Sabato 22 febbraio 1981
c/o Archivio Centro sociale Brancaleone
***
Lunedi 22 febbraio 1982
c/o Centro di documentazione Macchia Rossa
***
Martedi 22 febbraio 1983
c/o Centro di documentazione anarchica della libreria Anomalia
***
Mercoledi 22 febbraio 1984
c/o Centro di documentazione anarchica della libreria Anomalia
***
Venerdi 22 febbraio 1985
c/o Centro di documentazione anarchica della libreria Anomalia
***
Sabato 22 febbraio 1986
c/o Centro di documentazione anarchica della libreria Anomalia
***
Sabato 21 febbraio 1987
c/o Centro di documentazione anarchica della libreria Anomalia
***
Sabato 21 febbraio 1987
c/o Archivio Centro sociale Brancaleone
***
Lunedi 22 febbraio 1988
c/o Centro di documentazione anarchica della libreria Anomalia
***
Giovedi 22 febbraio 1990
c/o Centro di documentazione anarchica della libreria Anomalia
***
Sabato 22 febbraio 1992
c/o Centro di documentazione anarchica della libreria Anomalia
***
Sabato 22 febbraio 1992
c/o Archivio Centro sociale Brancaleone
***
Lunedi 22 febbraio 1993
Donato da Carla Verbano
c/o Palestra Popolare Valerio Verbano

***

Lunedi 22 febbraio 1993
c/o Centro di documentazione anarchica della libreria Anomalia
***
Mercoledi 22 febbraio 1995
Donato da Carla Verbano
c/o Palestra Popolare Valerio Verbano
***
Da Venerdi 16 a Giovedi 22 febbraio 1995 (errore nelle date stampate sul manifesto)
Donato da Carla Verbano
c/o Palestra Popolare Valerio Verbano
***
Sabato 22 febbraio 1997
c/o Centro di documentazione anarchica della libreria Anomalia
***
Sabato 21 febbraio 1998
c/o Centro di documentazione anarchica della libreria Anomalia
***
Lunedi 22 febbraio 1999
c/o Centro di documentazione anarchica della libreria Anomalia
***
Martedi 22 febbraio 2000
c/o Centro di documentazione Macchia Rossa
***
Giovedi 22 febbraio 2001
donato da Daniele ex centro sociale La Marmitta
c/o Centro di documentazione Macchia Rossa
***
Venerdi 22 febbraio 2002
donato da Daniele ex centro sociale La Marmitta
c/o Centro di documentazione Macchia Rossa
***

Sabato 22 febbraio 2003
donato da Daniele ex centro sociale La Marmitta
c/o Centro di documentazione Macchia Rossa

***

Martedi 22 febbraio 2005
c/o Centro di documentazione Macchia Rossa

***
Mercoledi 22 febbraio 2006
c/o Centro di documentazione Macchia Rossa
***
Giovedi 22 febbraio 2007
c/o Centro di documentazione Macchia Rossa
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Donato da Carla Verbano
c/o Palestra Popolare Valerio Verbano
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Sabato 21 febbraio 2009
Donato da Carla Verbano
c/o Palestra Popolare Valerio Verbano
***
Sabato 21 novembre 2009
Donato da Carla Verbano
c/o Palestra Popolare Valerio Verbano
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Lunedi 22 febbario 2010
c/o Centro di documentazione Macchia Rossa
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Martedi 22 febbraio 2011
c/o Centro di documentazione Macchia Rossa
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Valerio 2012     Mercoledì 22 Febbraio 2012 
c/o Palestra Popolare Valerio Verbano
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Valerio2013

 Giovedì 22 Febbraio 2013
c/o Palestra Popolare Valerio Verbano
***

Valerio 2014
Sabato 22 febbraio 2014
c/o Palestra Popolare Valerio Verbano
***

Valerio2015

Sabato 21 e Domenica 22  febbraio 2015
c/o Palestra Popolare Valerio Verbano

Sabato 20 e Lunedì 22  febbraio 2016
c/o Palestra Popolare Valerio Verbano

Mercoledì 22  febbraio 2017
c/o Palestra Popolare Valerio Verbano

Giovedì 22  febbraio 2018
c/o Palestra Popolare Valerio Verbano

Venerdì 22  febbraio 2019
c/o Palestra Popolare Valerio Verbano

Sabato 22  febbraio 2020
c/o Palestra Popolare Valerio Verbano

Lunedì 22  febbraio 2021
c/o Palestra Popolare Valerio Verbano

Martedì 22  febbraio 2022
c/o Palestra Popolare Valerio Verbano
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Archiviazione definitiva delle indagini sull’omicidio di Valerio Verbano

Il 30 novembre del 2021 il Giudice per le Indagini Preliminari Francesco Patrone, ha archiviato le indagini per l’omicidio di Valerio Verbano.

Dopo un primo tentativo, compiuto dal Pubblico Ministero Erminio Amelio il 28 agosto del 2019, e sventato dalla difesa anche con l’ausilio del sottoscritto in veste di consulente storico, stavolta la Procura è riuscita a ottenere la chiusura delle indagini proprio nel momento in cui si intravedeva una nuova pista investigativa.

Una pista investigativa segnalata dal ROS al PM, che aveva conoscenza già dal marzo del 2012 del fatto.

Quale fatto?

Che Maria Rossi Tanzini, madre di Walter Tanzini, noto militante del Comitato Rivoluzionario Quartiere Trieste di Terza Posizione, è l’autrice della missiva anonima depistatoria nella quale un sedicente amico e compagno di Verbano affermava che quest’ultimo era stato ucciso da un suo stesso compagno e non dai fascisti dei NAR.

Missiva inviata alla Questura di Roma il 29 febbraio 1980.

La comparazione grafologica compiuta dalla consulente, nominata dalla Procura, Prof.ssa Paola Gnasso, conferma la tesi dei Carabinieri.

La Gnasso, fra l’altro, è stata incaricata di svolgere una relazione peritale non su autonoma iniziativa del P.M., bensì grazie alla sollecitazione dell’istanza difensiva volta ad approfondire la circostanza segnalata dal Ros. Che ha persuaso il GIP a rigettare la prima richiesta di archiviazione e a ordinare al PM di continuare le indagini in tal senso.

La lettera non è assolutamente una prova del coinvolgimento diretto di Walter Tanzini nell’omicidio di Valerio Verbano.

Lo sappiamo bene.

Spettava alla Procura, una volta acquisito il riscontro sulla provenienza della missiva, svolgere nuove significative indagini e non richiedere una nuova archiviazione.

Ma così non è stato.

Quindi, e qui si annida la beffa di questa triste vicenda, nonostante il nuovo spiraglio investigativo aperto dalla consulenza della Gnasso, la Procura reiterava la richiesta di archiviazione del fascicolo rimandando così alla difesa di Valerio la necessità di proporre una nuova opposizione motivata al Gip. Ciò sarebbe stato compiuto dal difensore se Emanuela S., erede legale nominata da Carla Verbano ovvero da colei che spese la propria vita a individuare i nomi degli assassini del figlio, non avesse inteso rinunciare alla possibilità di mantenere aperta l’indagine.

Vani sono stati i tentativi del legale, del sottoscritto, e di un paio di compagne di Valerio e Carla: Emanuela non ha voluto sentir ragioni.

Nonostante gli sia stato ricordato quali erano le volontà di Carla Verbano, volontà che lei avrebbe dovuto rispettare.

Un regalo ad una Procura e un Tribunale felici di chiudere per sempre le indagini sull’omicidio di Valerio.

Stante l’assurda e ampiamente contestata decisione dell’erede, la difesa chiedeva espressamente che la scelta fosse confermata per iscritto.

Con tale triste epilogo si chiude beffardemente, e con tanta amarezza, la vicenda giudiziaria dell’omicidio di Valerio Verbano.

Marco Capoccetti Boccia

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Valerio Verbano. Un ragazzo come noi

Valerio Verbano non aveva ancora compiuto 19 anni quando il 22 febbraio del 1980 fu assassinato da un commando di tre fascisti.
Lo uccisero dentro casa sua davanti ai suoi genitori.
La verità giudiziaria sui motivi e i responsabili dell’omicidio non è mai venuta fuori in questi 42 anni, perché non c’è mai stato alcun processo. Ma la verità storica e politica di parte, la nostra parte, si è espressa con forza.
Valerio era un ragazzo attivo politicamente, militava nell’area dell’Autonomia Operaia, si impegnava per cambiare radicalmente la società e il sistema in cui viveva, un sistema fatto di oppressione e sfruttamento. Fu vittima delle connivenze tra i fascisti, i corpi di polizia, lo spaccio di eroina che in quegli anni inondava le strade del nostro Paese e distruggeva le vite di intere comitive di giovani.
In realtà Valerio non è mai stato una semplice vittima, grazie all’impegno e alla lotta dei suoi genitori Carla e Sardo, dell’Autonomia Operaia, dei compagni del Tufello e di Montesacro che da sempre contribuiscono a mantenerne vivi il ricordo e la memoria. Valerio è anche e soprattutto un punto di riferimento, un simbolo della necessità di continuare a lottare per costruire una società basata sulla solidarietà e sull’uguaglianza.
Valerio, in fin dei conti, in un tempo e contesto differenti, era un ragazzo come noi. Perché anche noi oggi ci solleviamo contro le ingiustizie del sistema capitalistico. E lottiamo affinché nessuno cada più per mano della violenza fascista, perché nessun genitore debba più vedersi uccidere un figlio da chi è complice e servo dei padroni e dello Stato.
Domenica 20 insieme a Marco Capoccetti Boccia e Bruno Papale vogliamo ricostruire la figura di Valerio, la storia del suo omicidio e della lotta per ottenere giustizia, il contesto di quegli anni, l’attività dell’Autonomia Operaia.
Dopo il dibattito proietteremo il documentario “Valerio Verbano. Un omicidio anomalo”.
L’iniziativa si svolgerà a VIII Zona, via Lussimpiccolo 17.
L’orario d’inizio sarà alle 17.
Comitato di Lotta Villa Gordiani
Collettivo Liceo Benedetto da Norcia
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